L'associazione

Rispetto per la vita, propria e altrui!

081203561-5fdeff6d-9692-449a-aa6f-5adce989a22e

Rispetto per la vita, propria e altrui!

A pochi giorni di distanza dal 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, arriva l’ennesimo caso di femminicidio. Questa volta è toccato a Giulia Cecchettin, ventiduenne, vittima del suo ex fidanzato, anche lui di ventidue anni.

Con Giulia sono 105 le donne vittime di femminicidio da inizio anno in Italia, e l’anno non si è ancora concluso.

Quello che spaventa è che, nonostante le flebili speranze di un lieto fine, tutti conoscevamo già l’epilogo di questa storia prima che il corpo di Giulia venisse ritrovato, perché non si tratta di un caso sporadico, ma di una storia che si ripete, un copione già visto e sentito tante, troppe, volte.

In casi come questo si arriva ad additare il colpevole come un “mostro” o come un “malato”, ma termini come questi implicano un’eccezione nella società e oramai di eccezione non si può parlare più.

Continuiamo a tenere la testa sotto la sabbia per non aprire gli occhi e renderci conto che la violenza, in tutte le sue sfaccettature, non è più un caso isolato, ma è radicata nella nostra quotidianità e che la violenza di genere non è una rarità, è insita nella nostra cultura.

Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere.

E il potere con l’amore non ha nulla a che fare.

L’amore costruisce, non distrugge, l’amore ha a che fare col prendersi cura dell’altra persona, ha a che fare con la libertà e con l’uguaglianza e c’è un bisogno urgente di educarsi e ri-educarsi a questo.

La violenza va combattuta ogni giorno con l’educazione, con la correzione fraterna, col dialogo, ed è necessario farlo nella scuola, nella famiglia, nella Chiesa…dappertutto. E, in questo, essere accompagnati anche da uno Stato che dovrebbe tutelare i propri cittadini, con campagne di sensibilizzazione e prevenzione, oltre che da finanziamenti a sostegno di queste cause.

Si parla di femminicidi, ma l’educazione alla sessualità, all’affettività, alle relazioni, riguarda tutti senza distinzione di sesso; non possiamo però negare che i dati parlano chiaro: sono le donne a morire in maggior numero e per mano degli uomini.

Non dobbiamo ritenerci fortunate se torniamo a casa sane e salve: vogliamo sentirci al sicuro.

Siamo però tutti responsabili e tutti siamo chiamati, per quello che possiamo, a cambiare le cose.

Non possiamo aspettare che ci sia un’altra Giulia per indignarci ancora, dobbiamo agire per evitare che quel numero spaventoso di vittime continui a crescere sotto i nostri occhi e dobbiamo farlo fin da subito.

Che quel minuto di silenzio istituito nella memoria di Giulia non sia un fermarsi, ma che risulti talmente assordante da essere monito per una rivoluzione culturale.

di Maria Luisa Landolfo